Cosa succede poi dopo "25" La Grande Meridiana?
DESCRIZIONE DEL MIO NUOVO ROMANZO (SEQUEL DI "25")
"De Spira Mirabilis"
Di cosa parla?
Avevo la necessità di completare il mio percorso di caccia inseguendo il ricordo degli amici di quel periodo, e non solo! Mi serviva anche entrare in rapporto con la realtà più vera di quel periodo così importante per la mia generazione, e non solo!
Però dovevo anche mantenere quell’atmosfera di mistero e di caccia al tesoro che il primo romanzo mi sembrava avesse ben ricreato. Oltretutto molti miei lettori, non tutti per fortuna, si sono lamentati del finale di “25”; ma come, e il Tesoro dei Templari dov’è finito? E soprattutto ci siamo convinti che questo Tesoro non è proprio quello che ci si poteva immaginare.
De Spira Mirabilis quindi parla di tante cose, ma sostanzialmente mantiene le caratteristiche del precedente romanzo: Amicizia, Mistero, storia con la S maiuscola ed una teoria sull’ Universo piuttosto originale dimostrata da una "Machina Universalis" che viene da lontano, da molto lontano (sia nel Tempo che nello Spazio)!
I Nuovi Personaggi
Ovviamente non posso raccontare troppo sui nuovi personaggi che ho inserito in De Spira Mirabilis, ma ne anticiperò alcuni dettagli.
Abbiamo intanto un personaggio che, dopo averlo descritto nel romanzo, ho poi incontrato nella realtà. Cosa voglio dire? Proprio questo! Mi è capitato di incontrare una persona che era esattamente, come direbbe il grande Camilleri, ‘na stampa e ‘na figura, col mio personaggio; uguale identico a come lo avevo immaginato mentre ne scrivevo. Ma la cosa più stupefacente è che la persona fisica che ho conosciuto qualche mese dopo aver terminato il romanzo è un americano, proprio come il personaggio del libro; pazzesco no? Posso garantire che questa non è l’unica stranezza che mi è capitata durante e dopo la stesura del romanzo. Comunque Alvin, questo è il nome del primo personaggio nuovo, è uno scienziato; un astrofisico ed è amico del Professor Roberto Goldoni, il mitico Prof. di “25”
Poi c’è anche una coppia di giornalisti (maschio e femmina), un po’ sui generis, che ci seguiranno come ombre nelle nostre imprese per difendere il Tesoro ritrovato dai cattivi che, questa volta, sono cattivi per davvero e sono disposti a tutto pur di recuperare quello che gli abbiamo nuovamente soffiato sotto il naso.
La vera sorpresa però è rappresentata da due personaggi già intravisti nel primo romanzo ma che, in questo, hanno un ruolo ben più importante: Papà Ettore e Papà Gastone, i “matusa” del gruppo. La loro abilità permetterà di ottenere un grande risultato, assolutamente inaspettato da tutti.
Perché questo titolo?
Già, perché? Questo è un altro di quei fatti strani che mi sono capitati durante la scrittura dei miei romanzi. In genere stabilisco subito o quasi il titolo, ma questa volta ero veramente indeciso; ce ne erano diversi che mi piacevano. Avendo già una idea ben chiara della trama e del ruolo giocato da una certa forma geometrica nella storia, sono andato un po’ a spasso su internet per vedere se De Spira Mirabilis (frase attribuita a Bernoulli per definire la bellezza della spirale logaritmica) fosse già stato usato come titolo di un libro e mi sono imbattuto in un sito web di un artista italiano che ha dedicato la sua abilità alla creazione di opere in legno a forma di spirale tridimensionale. Opere di grande bellezza, devo dire. Ho allora contattato, via mail, l’artista proponendogli di unire le nostre “abilità”, ma non ho mai ricevuto risposta. Così ho proceduto nella stesura del romanzo convinto di mantenere questo titolo anche se mi dispiaceva di non avere avuto la risposta desiderata; forse era all’estero per le sue mostre, ho pensato. In realtà le cose non stavano così. Dopo alcuni mesi, a romanzo terminato, ho ricevuto la telefonata di una signora che mi contattava perché aveva trovato una mia mail sulla posta elettronica del marito a cui però non era seguita risposta. Mi è immediatamente tornata alla mente la mia iniziativa e l’artista a cui l’avevo inviata. Ho così saputo il vero motivo della mancata risposta; pochi giorni dopo la mia mail suo marito era deceduto; così mi disse la gentile signora Valeria. Ci sono rimasto veramente molto male, non me lo aspettavo proprio. A questo punto ho deciso di utilizzare un altro logo per la copertina del mio secondo romanzo e spero che, a breve, lo riuscirò a pubblicare partendo magari dall' e-book.
Certo non ho ancora spiegato il perché di questo titolo e di cosa c’entri una spirale logaritmica nella storia di un Tesoro Templare, ma questo è il succo della vicenda e non me lo estorcerete certamente ora, questo segreto. Mi dispiace, ma occorrerà proprio leggersi il De Spira Mirabilis per saperlo.
COSA HO SCRITTO DOPO "De Spira Mirabilis"? (Un Giallo)
Perché un Giallo?
Perché a Bologna?
Ma è solo un Giallo?
Ebbene sì, lo confesso! Anch’io sono entrato nel filone del Giallo al Ragù, quello alla bolognese. Deve essere nel DNA degl’imbratta fogli della mia città quell’ idea di scrivere almeno un giallo nella propria carriera “librastica”. Sarà, ma scrivere gialli è difficile; non ti torna mai niente; se sposti una pedina ti si incasina tutto e invece un giallo è come fare le case con le carte da briscola; se fai una mossa sbagliata cade tutto il castello! Però poi è divertente perché tutti i personaggi antipatici li puoi ammazzare facilmente quando ti pare; tanto mica ci vai tu in galera!
A parte le battute, mi interessava fare un ritratto della provincia emiliana degli anni ’70 nel quale far emergere l’altra faccia della medaglia. Tutti conoscono Bologna come una città tranquilla, paciosa ed operosa, ma è poi proprio così? No, niente affatto! L’altra faccia della medaglia è nera, molto nera e non c’è proprio da fidarsi di nessuno da queste parti. Ma per fortuna ci sono loro! Loro chi? Ma i nostri detectives (Elementare… Watson!); la coppia più originale e investigativa dopo quella formata da Sherlock Holmes e il Dott. Watson;quella di Don Alberto e il Professor Goldoni.
I gialli di Sir Artur Conan Doyle contengono sempre una buona dose di mistero, non sono gialli puri e semplici ed anch’io ho voluto seguire questo archetipo che a me piace molto. Ragion per cui, chi avrà voglia di leggere il mio primo giallo "L’ Enigma del Libro Freddo", troverà pane per i suoi denti. Arrivederci alla prossima pubblicazione!
Però quello che mi affascina è sempre la Storia, soprattutto quando si mescola con il Mito e non potevo certo sfuggire al Mito di Re Artù e della sua Spada EXCALIBUR. E così è arrivato a compimento anche il quarto romanzo che però ha ancora un titolo provvisorio "La Spada Misteriosa". Tutto è nato quando una rivista letteraria della British Library chiese aiuto in rete per interpretare l'incisione presente su una spada medioevale, ritrovata sul greto di un fiume inglese nel 1825 e che nessuno era ancora riuscito a decifrare. Bella sfida che ovviamente presi al balzo dando una interpretazione che riportava a Re Riccardo I d' Inghilterra e che mi indusse a cercare un legame fra questo re un po' filibustiere, ma carismatico, con il suo mitico predecessore. La Storia è come un formaggio gruviera, forse ha più vuoti che pieni e a me piace moltissimo cercare di riempire i buchi con la fantasia ed i collegamenti che spesso nemmeno gli storici si avventurano a cercare. Sì, è proprio una avventura e, direi, assai divertente. Bene, questo romanzo è quindi la mia storia "vera" di EXCALIBUR che passa da un viaggio lungo nel tempo e nello spazio partendo dal mito di Enea a quello di Artù sulla strada che collega Troia, la Sicilia, Roma, la Terra Santa e la terra degli Angli e dei Sassoni. Se poi, anche in questa storia, ci imbattiamo in un misterioso cofanetto, come successo nel mio primo romanzo, allora ci sono anche gli ingredienti per fare una interessante ipotesi di come si è costruita la storia dell' Europa in un periodo poco conosciuto come quello immediatamente successivo alla caduta dell' Impero Romano d' Occidente. Ed ecco per i miei visitatori in anteprima gli oggetti che mi hanno convinto che si poteva scrivere una bella storia sulla Storia con la S maiuscola.
Naturalmente è bene precisare che i personaggi del nuovo romanzo sono sempre i miei due investigatori preferiti che però, questa volta, si divideranno perchè il Professor Goldoni se ne andrà in giro con una bella collega inglese, mentre Don Alberto non potrà abbandonare la base della Parrocchia di Santa Caterina, dando però il suo supporto sempre utile per arrivare al cuore del problema e, qui, il problema sarà grosso come un macigno; un macigno un po' speciale!
Ma poi è il Giallo che riprende il sopravvento; gli ormai quasi famosi Gialli al Ragù di Roberto Salimbeni
DESCRIZIONE DEL MIO QUINTO ROMANZO
"I 7 Delitti del Pavaglione"
Di cosa parla?
La storia di Bologna è piena di fatti oscuri, tenebrosi e inquietanti. Forse non tutti lo sanno, ma a Bologna sono state bruciate ben 4 streghe! Ho quindi voluto inserirmi in questo clima in cui il Male si potesse esprimere con ben 7 delitti in sequenza e, soprattutto, in un unico ambiente che, normalmente, è espressione principe del buon vivere di questa città: Il Pavaglione, ovvero il lungo porticato ("la vasca") che definisce il lato est di Piazza Maggiore e corre a fianco della Basilica di San Petronio.
I Nuovi Personaggi
Ovviamente non posso raccontare troppo sui nuovi personaggi che ho inserito in I 7 Delitti del Pavaglione, anche perchè sono veramente tanti. Forse è quasi più importante ricordare la coppia dei miei personali investigatori: Il Professor Roberto Goldoni ed il Parroco di Santa Caterina, Don Alberto. Proprio quest'ultimo vivrà un particolare momento personale ad alta intensità; ma non sveliamo troppo.....
Anche in questo romanzo, piuttosto cruento, la Storia con la S maiuscola ha una grande importanza e sarà interessante per i lettori conoscere fatti ai più sconosciuti, ancorchè non troppo lontani nel tempo.
In che periodo si svolgono i fatti descritti?
Credo che il periodo che va da fine anni '60 a metà anni '70 sia denso di avvenimenti, novità e cambiamento di costumi della nostra società che ancora oggi influiscono sulle nostre vite.
Diciamo che un romanzo giallo è anche un po' una scusa per, non dico indagare, ma almeno per ricordare quel periodo così pieno di aspettative e speranze spesso poi, purtroppo, naufragate. Oggi forse non si è voluto fare un'indagine approfondita e io non sono la persona giusta per farlo, ma vorrei che le giovani generazioni provassero a chiedere ai loro nonni notizie su quel periodo e raccogliessero lo spirito del tempo: curiosità, combattività, determinazione per ottenere diritti e maggiore giustizia sociale.
Proprio per ricordare quel periodo che è anche quello della mia giovinezza, con i primi amori e le nuove sensazioni che il contatto più diretto con l'altra metà del cielo produce in noi ragazzi, ho iniziato il mio sesto romanzo.
"Baby Blue '67"
Le atmosfere, le canzoni, le nuove idee ed i rapporti con l'altro sesso sono il filo conduttore di questo romanzo che però somiglia molto ad un diario riscritto a posteriori. Spero di non metterci due anni come per il precedente. Eccone quindi un'anticipazione.
-
CAPITOLO I – Ricordi
Quelle estati torride degli ultimi anni ’50 le passavo, nel mese di luglio, in Romagna a Massalombarda, nella villetta (si fa per dire) di mio zio Angelino, alla periferia del paese. Lo zio, direttore della Cassa di Risparmio di Ravenna in un paese vicino, viveva con la moglie Liliana, donna di classe, e gli ormai anziani genitori: Nonno Giovanni e la mitica Nonna Gigina, mia Nonna materna.
Vivendo io a Bologna, per un mese all’anno venivo catapultato dalla città, con le sue regole, in piena campagna romagnola; tutto un altro mondo!
Pur essendo un ragazzino timido e scontroso avevo lì diversi amici e ritrovarmi con loro ogni estate era per me assai piacevole. Come dicevo però era un altro mondo con regole e parlata completamente diversa dalle mie abituali. Molti forse pensano che non ci sia una grande differenza fra il parlare bolognese e quello romagnolo, ma invece le differenze ci sono e grandi però, dopo pochi giorni che ero alla “Massa”, come era uso dire, parlavo già in romagnolo, almeno così credevo.
I miei ricordi di quel tempo si possono, più o meno, riassumere così:
-
Pomeriggi torridi passati a riposare col sottofondo rumoroso e ipnotico delle cicale per superare indenne le ore più calde.
-
Corse in bicicletta su è giù per la campagna a caccia di verdi ramarri grandi quasi come iguane messicane.
-
Giochi serali e notturni con gli amici campagnoli volti soprattutto a spaventare, con le zucche svuotate e riempite con una candela accesa a mo’ di moderno Halloween, le ragazze che tornavano in bicicletta dal lavoro in fabbrica, calando con una corda la zucca da un albero che avesse i rami spioventi sulla strada.
-
Esplorazione quotidiana dei 42 volumi dell’Enciclopedia Treccani che riempiva il salotto del piano primo della villa di mio zio. Ho sicuramente imparato molto da quelle esplorazioni, anche se ero assai più attratto da alcuni specifici argomenti come, ad esempio, le statue greche, quelle femminili in particolare, le cui stampe in bianco e nero anticipavano le future riviste per soli uomini.
-
Ultima, ma non certo per importanza, la mia visita praticamente giornaliera, all’atelier di Roberto, il fratello di mia zia Liliana, che stava in centro alla Massa. Roberto Bentini era un artista di vaglia, uscito dalla Scuola di Ceramica di Faenza, abile pittore e ceramista eccelso. Quando avevo sette o otto anni ero stato immortalato in un suo ritratto che ho tuttora in casa, ma io andavo da lui soprattutto per armeggiare con l’argilla, spennellare e curiosare fra le sue innumerevoli opere in ceramica che riempivano quasi totalmente la sua bottega.
Devo riconoscere che, crescendo, l’argomento affettivo e sessuale, poco trattato in famiglia, ha avuto durante i miei soggiorni alla Massa delle rapide accelerazioni. I miei amici del posto erano molto più disinibiti di me, almeno a parole, ma la loro stretta vicinanza al mondo contadino, dove le differenze sessuali sono più esplicite perché gli allevamenti di animali ti fanno subito porre domande agli adulti sul perché e il percome si accoppiano gli animali da cortile o nella stalla o nella vicina porcilaia del papà del tuo amico, magari vedendoli proprio in azione. Vabbè, alla fine le informazioni girano, ma sempre non troppo chiare e definite per cui i dubbi rimangono, soprattutto se rapportati agli umani. E, comunque, a quell’età gli ormoni si mettono in moto e, fra poche certezze e molti dubbi, una bella ragazza incontrata per caso in paese o la morosa di un amico più grande contribuivano ad increspare un mare con onde sempre più alte e a frequenze sempre maggiori.
Ricordo ancora quella ragazza venuta da Genova, anche lei in vacanza dai parenti in campagna, che era diventata la fidanzatina del mio vicino di casa di qualche anno più grande di me per cui mi capitava di vederla spesso. Avrà avuto quindici anni e mi piaceva da morire nonostante fossi più piccolo di lei.
Quando lei salutava Corrado per tornarsene nella casa dei parenti romagnoli, dall’altra parte del paese, io saltavo in bicicletta e, a debita distanza, la seguivo per scoprire dove abitasse, anche se poi non avrei preso alcuna iniziativa, ma solo per una specie di richiamo della foresta. Non ho mai nemmeno saputo il suo nome, né tantomeno dove abitasse perché tornavo indietro prima, vergognandomi un po’(oggi sarei considerato probabilmente uno stalker).
Poi la svolta
Lo zio Angelino si è fatto la villa al mare e precisamente a Marina Romea, sui lidi ravennati. Niente più campagna in estate, ma direttamente al mare, e che mare. Chilometri di spiagge protette da una pineta bellissima tagliata a metà dalla statale Romea; quella che nel medioevo portava i pellegrini fino a Roma dal Nord Europa. La villa di Marina Romea era per me uno spettacolo perché moderna, grande per due famiglie e con uno splendido giardino in cui svettavano due pini marittimi alti e snelli con una grande chioma ombrosa. In più la villa faceva parte di un contesto di analoghe costruzioni immerse nella pineta che dava un tono di esclusività a me totalmente sconosciuto. Avevo l’impressione di essere il figlio di un miliardario, mentre ero il figlio di un operaio e di un’artigiana che, da poco, aveva aperto una lavanderia a Bologna per poter mantenere agli studi il sottoscritto e mio fratello, più piccolo di quasi sei anni.
Era l’estate del 1967 e io frequentavo già da un paio d’anni la banda dei ragazzi di Via Santa Caterina a Bologna: il Gatto, ovvero Maurizio Mazzetti, Paperoga, ovvero Paolo Battisti, Franco Danielli, Gatti Maurizio, Felice Martini e suo fratello e via dicendo fino a Rino Coramelli e Andrea, detto il Pinguino, chissà perché. Quell’estate volevamo assolutamente andare al mare e così, con organizzazione militare, io mi accampai a Marina Romea da mio zio, mentre Andrea, cioè il Pinguino e Franco, trovarono ospitalità presso la zia di quest’ultimo, che aveva un appartamento a Casal Borsetti, piccolo paese di mare poco distante da Marina Romea.
Erano i primi giorni d’agosto e ogni mattina in bicicletta partivo da Marina Romea e arrivavo a Casal Borsetti per una giornata di sole e di bagni di mare con gli amici. Questo piccolo paese è diviso in due da un canale artificiale che sbocca in Adriatico, formando anche un porticciolo per imbarcazioni di piccola taglia.
Le aspettative per queste vacanze erano molto alte per noi tre, tutti diciassettenni con ormoni lanciati a tutto gas. Purtroppo, però, non eravamo a Rimini, Riccione o a Milano Marittima, ma a Casal Borsetti; tutta un’altra musica! Ragazze, scarse, divertimenti ancora meno e pure qualche imprevisto non contemplato. Il sole dei primi giorni d’agosto picchia forte e la mia pelle delicata, da vero uomo bianco, non ha retto l’impatto. Il secondo giorno di vacanza, con febbre a 39 e dolori in qualsiasi parte del corpo, ero diventato in poche ore color rosso gambero.
Un miracoloso unguento della zia di Franco per fortuna mi ha rimesso in pista in un paio di giorni, purtroppo passati in gran parte in casa anziché al mare dove invece, Franco e Andrea, imperversavano a caccia di fanciulle disponibili, praticamente però, introvabili.
Ma non tutto il male vien per cuocere, come si dice, e così, non potendo andare in spiaggia, avevo cominciato a frequentare il porto canale dove la vita era altrettanto, se non di più, interessante che alla spiaggia, fra pescatori fissi con la canna sul molo e pescherecci che entravano e uscivano verso il mare aperto. Quel tratto di canale che tagliava Casalborsetti in due, creava anche qualche problema di collegamento fra le due sponde opposte per cui occorreva fare un giro piuttosto lungo se si voleva raggiungere l’altra sponda, a meno che non si volesse risolvere il problema con un tuffo e una nuotata perché, a quel tempo, l’acqua del canale era pulita e trasparente.
Io allora ero un ragazzo piuttosto magro con una bella testa di capelli, non esageratamente lunghi però come invece prevedeva il canone estetico pre-contestazione, che comunque era già pienamente in moto, e portavo un paio di occhiali, tipo aviatore americano, con le lenti a specchio.
Quel quattro di agosto me ne stavo seduto sul molo, solo soletto, visto che gli altri due erano a caccia altrove, quando il mio sguardo venne catturato da una figurina snella con lunghi capelli neri che, in un costume intero di un colore bianco panna abbagliante, si lanciava in tuffo nel canale dal molo opposto al mio. Non avevo mai visto nulla di simile; una ragazza giovane, più o meno della mia età, che nuotava con eleganza mentre il sole si rifletteva sull’acqua rendendo quel costume bianco ancora più puro, se possibile. Un’apparizione!
Probabilmente dovevo ancora essere sotto shock quando sono rientrati gli amici dalla spiaggia perché il Pinguino, appena mi ha visto, mi ha salutato con: “Beh, Roberto, che ti è successo, hai visto la Madonna, per caso?”
Certo, se fossimo stati a Firenze invece che a Casal Borsetti, Andrea ci avrebbe azzeccato in pieno con la sua domanda, ma non c’era andato poi tanto lontano.
“Non so se fosse la Madonna, ma oggi ho visto la più bella ragazza che mi sia mai capitata sotto gli occhi nella mia vita.”
“E chi sarebbe, di grazia, questa bellezza?”, - chiede subito incuriosito Franco, - col quale sono sempre stato molto in confidenza sulle questioni di cuore.
“Ah, se poi lo sapessi! Io ho solo visto una sirena nuotare nel canale, ma se devo dirvi chi sia, proprio non ne ho idea, ragazzi. Aveva un costume bianco intero e capelli lunghi, nerissimi. Si è tuffata dal molo all’altezza dell’Hotel Turismo, ma poi è sparita nuotando verso il mare e non sono più riuscito a vederla.
“Beh, lo so io chi è quella ragazza; cosa si prende se te lo dico, Roberto?”, - chiede sorridendo sorniona, - la zia di Franco che ha ascoltato in silenzio, mentre preparava la cena, tutto il mio racconto.
“Minimo un bacio sulla fronte, Adele”, - rispondo subito, - ancora meravigliato della sua, assolutamente imprevista, affermazione.
“Speravo qualcosina di più, Roberto, ma capisco che sei già perdutamente innamorato di quella ragazza per cui un bacio in fronte è più che mai gradito, anche se temo che quando saprai chi è lei, ti renderai conto che hai pochissime speranze di rubarle il cuore, caro ragazzo.”
“Perché, è forse una ricca ereditiera?”
“Più o meno, sì, Roberto. E’ la figlia di un ricco industriale del settore vinicolo di Riolo Terme e lei si chiama Serena.”
Ora, dietro a quella sottile silhouette, c’era un nome ed un cognome e a me era soprattutto il nome che interessava; adesso potevo avvicinarla, ma ci voleva l’occasione ed una strategia e già un piano si stava formando nella mia testa.
-
CAPITOLO II – La festa di San Lorenzo
10 agosto, c’è grande festa a Casal Borsetti. A parte la festività religiosa, in onore del Santo Patrono San Lorenzo, il clou della giornata è il Palio della Cuccagna che, a differenza di tutti quelli che prevedono l’arrampicata su un alto palo alla cui sommità sono legati i premi da cercare di agguantare, qui il palo non è verticale, bensì fortemente inclinato e totalmente sporgente sul famoso canale artificiale che divide il paese a metà. Poiché il palo, lungo almeno cinque metri, è ben ingrassato, risulta veramente improbabile raggiungere la bandierina posta alla sua estremità ed il divertimento degli spettatori è così assicurato per le continue cadute in acqua dei concorrenti, nonostante equilibrismi di tutti i tipi per evitare il volo nel canale sottostante.
Solo dopo numerosi tentativi, grazie ai quali lo strato di grasso comincia a ridursi, le possibilità di raggiungere e staccare la bandierina aumentano. Alla fine, ci sarà la premiazione del vincitore con regali per tutti i partecipanti alla Cuccagna.
Ed è proprio questa l’occasione favorevole che aspettavo. Così, dopo alcuni giorni di appostamenti per scoprire le abitudini e la compagnia con cui Serena passa le sue giornate di vacanza, penso di sapere quando e dove sarà il momento giusto per il mio tentativo, anche se la giornata vedrà la presenza di moltissime persone venute, in gran parte, anche dai paesi vicini.
Naturalmente di tutte queste mie paturnie ne parlavo di continuo con gli amici che ormai non mi sopportavano più e cercavano di scoraggiarmi sapendo che la delusione, più che sicura, sarebbe stata per me cocente. Il fatto che io potessi andare a cogliere un successo era già dato per escluso a priori. Figuriamoci se una delle più belle e ricche ragazze della Romagna si sarebbe messa con uno spiantato, ancorché simpatico e carino, come me. Forse solo Adele, la zia di Franco, mi dava qualche chance, chissà poi perché.
Quel pomeriggio tutti eravamo sparpagliati lungo il molo e, i più fortunati, ammassati nei pressi del palo per vedere da vicino lo spettacolo della Cuccagna. Avevo iniziato a cercare disperatamente fra quella massa di persone la mia amata, ma sembrava essersi nascosta apposta per sfuggirmi. Nel frastuono generale della musica a tutto volume proveniente da alcuni altoparlanti piazzati lungo il molo e dal vocio delle persone accalcate in ogni punto che consentisse la visuale del palo inclinato sul canale, io continuavo la mia vana ricerca ormai convinto che Serena avesse pensato bene di passare altrove quel pomeriggio di festa.
Visto che la caccia alla Cuccagna era già iniziata con i primi voli in acqua degli aspiranti vincitori, fra le grasse risate dei villeggianti, avevo desistito dalla ricerca e mi ero fermato un po’ lontano dal palo, ma comunque con una buona visuale e non troppa calca attorno.
Dopo alcuni minuti, lo spettacolo mi aveva preso e mi stavo quasi dimenticando della mia mission impossible, quando un leggero tocco al braccio mi fa voltare la testa dall’altra parte rispetto allo spettacolo che stavo guardando ed il viso di Serena, con un enigmatico sorriso, mi appare a pochi centimetri dal mio. “Ciao, Roberto, ti stai divertendo?”
“Come, ciao Roberto; come fa Serena a sapere il mio nome?”
Ero esterrefatto; non sapevo cosa dire e lei intanto sorrideva divertita.
Non è che io ricordi molto bene cosa le ho risposto, anche perchè il mio cuore aveva iniziato un lavoro extra molto impegnativo. Più o meno credo di averle risposto in questo modo: “Sì, Serena, è uno spettacolo molto divertente ed è la prima volta che mi capita di vederlo, ma tu come fai a sapere il mio nome?” La sua risposta mi ha lasciato di stucco!
“Perché, tu invece come fai a sapere che io mi chiamo Serena?”
Mentre lei mi guardava con i suoi splendidi occhi verdi ed un sorriso che nemmeno la Gioconda si poteva sognare di avere, io dovevo ammettere di avere avuto, proprio in casa, il mio vero e grande alleato, Adele.
“Vedo che hai fatto presto ad arrivarci, Roberto”, - mi dice a quel punto Serena, - prendendomi una mano proprio mentre uno dei concorrenti riesce a raggiungere e a strappare la bandierina, cadendo poi in acqua fra gli appalusi e le grida di gioia della gente. Ma quella gioia è nulla rispetto alla mia di quel momento e non ho voglia di condividerla per cui, stringendole più forte la mano, l’attiro verso una delle panchine che distano pochi metri dal canale per poter stare solo con lei fuori dalla bolgia che si è scatenata.
Comincia così un fitto scambio in cui ciascuno vuole sapere dell’altro e delle circostanze che hanno reso possibile questo strano incontro.
“Tu, Roberto, credevi che io non mi fossi accorta dei tuoi appostamenti? Anch’io ce li ho gli occhi e mi ero chiesta chi potesse essere quel ragazzo che ovunque andassi mi teneva dietro. E poi i bei ragazzi piacciono anche a me e tu non mi sembravi male.”
“Per cui hai interpellato un investigatore privato per scoprire chi fosse quell’impiccione?” – chiedo subito ridendo, - all’idea che quello sotto controllo ero io e non solo lei.
“No, no, non ce n’è stato bisogno. Ho chiesto al mio fratellino piccolo, Gabriele, di seguirti e vedere in quale casa tu entravi dopo gli appostamenti che facevi e così ho saputo che stavi nella casa dell’Adele che io conosco da tempo visto che a Casal Borsetti ci vengo fin da piccola. Appena ho avuto l’occasione di vederla, nel negozio di frutta e verdura che frequentiamo abitualmente, ci siamo salutate poi ho preso il coraggio a due mani e le ho chiesto se avesse un altro nipote, oltre a quello che io già sapevo avesse Adele.
“E Adele cosa ti ha risposto?”, - chiedo subito, - incuriosito da questa storia incredibile.
“Adele si è messa a ridere perché non credeva possibile che io e te l’avessimo presa per una paraninfa, ma poi mi ha raccontato tutto, dandomi anche delle buone referenze, se così si può dire.”
Robe da chiodi! Ma adesso siamo a pochi centimetri l’uno dall’altro e solo ieri non avrei mai pensato che questo fosse possibile; non vedo l’ora di raccontarlo a Franco e al Pinguino.
Purtroppo, però, si è fatto tardi e lei deve rientrare in hotel che, a quanto pare, è la sua base abituale. Serena mi dice che deve portare suo fratello in giro per il paese dove ci sono i giochi tipici delle sagre e delle feste paesane; dal Tirassegno al sempre presente Calcio in Culo e via dicendo. Glielo ha promesso in cambio della sua caccia al sottoscritto.
Io però le ho strappato una promessa. Questa sera, dopo cena, ci troviamo in spiaggia e, appena fa buio, ci mettiamo a contare le stelle cadenti e vediamo chi è il più fortunato.
Quando rientro a casa viaggio a venti centimetri da terra e la prima cosa che faccio è dare un bacio sulla guancia di Adele che sorpresa, ma non troppo, mi sorride dicendomi: “Ce l’hai fatta, ragazzo, ne ero sicura. Non potevo dirti nulla però, ti avrei rovinato tutto!”
“Sei stata grande, Adele, non so come tu abbia fatto a tenere il segreto, ma le cose non potevano andare meglio di così; credo proprio di piacerle.
I ragazzi sono ancora in giro?”
“Sì, ma vedrai che l’appetito li farà tornare presto all’ovile e immagino che non stai nella pelle per raccontare tutto a quei due.”
“Beh, tutto, tutto, no, però è una storia incredibile e spero che qualcosa di simile succeda anche a loro, prima o poi.”
A tavola non mi accorgo nemmeno cosa passa nel piatto, la mia testa è altrove e anche i commenti di Franco e Andrea sulla mia avventura di oggi, fatico a recepirli e rispondo come se avessi la testa fra le nuvole.
Il profumo che esce dalla Moka è l’unica cosa che mi risveglia dal mio sogno a occhi aperti e ormai si è fatta l’ora di andare al mio appuntamento.
Penso che i miei amici abbiano una certa invidia nei miei confronti, ma è anche vero che ne abbiamo parlato tanto insieme delle nostre esperienze con le ragazze, spesso brevi ed illusorie, che se una di queste promette bene, ne siamo tutti contenti sperando poi che la cosa capiti anche agli altri, momentaneamente esclusi da quella fetta di felicità.
“Certo che tu poi hai un bel culo”, - attacca Franco, - dopo che mi sono sistemato un po’ la chioma e cambiato la camicia. Ti capita di veder nuotare una sirena, la ragazza più bella del paese e ti metti a darle la caccia come un cane da trifola, sperando che lei si degni di darti un’occhiata e poi, con l’aiuto di mia zia, ti ci metti insieme. Non credi che a me spetterebbe almeno un premio di riconoscenza?”
Sì, certo Franco, hai proprio ragione. Domani ti offro il gelato; lo pago anche ad Andrea che ha avuto la pazienza di sopportarmi in questi giorni.”
“Ma vattene via subito, per favore”, - risponde Franco, - mentre il Pinguino mi fa un gesto eloquente per augurarmi buona fortuna.
-
CAPITOLO III – La notte di San Lorenzo